CONFINE (2005-7)

a Patti, sempre


CONFINE è stato presentato in forma di reading all'interno del Premio Candoni, a Udine, nell'autunno 2005. Ha poi debuttato in forma di spettacolo al festival di Santarcangelo nel luglio 2006. Nella primavera 2007, a Bologna, ha avuto luogo una ulteriore evoluzione del lavoro. CONFINE è un cantiere narrativo, teatrale e musicale tuttora aperto. 

Ragazzino

Ho dormito per un anno col mio cane
Cioè con la mia cagna, con Yuma
Yuma si chiama
Ho dormito un anno nella cuccia col mio cane
Perché non volevo più dormire in casa dopo il fatto di mia mamma
Mia mamma ha cercato di morire
Un giorno ha cercato di piantarsi un coltello nel collo
Cioè si è piantata un coltello nel collo ma non è morta
Non ha preso bene il punto giusto e non è morta
Però poi comunque io l'ho tirata su
C'era comunque del sangue e allora ho chiamato la Sandra giù al ponte
La mamma dei miei amici giù all'incrocio del ponte
Che venisse a vedere lei
Son corso perché c'era da far presto
E poi mentre tornavo su dalla salita
Con la Sandra, che correvamo su verso casa nostra
Ho pensato:
Ma se in questi minuti qua lei si dà un altro colpo col coltello?
Sì era svenuta
L'ho lasciata che era svenuta e tremava sotto il frigo
Cioè tra il frigo e il tavolo, in cucina, al buio
Con le persiane chiuse per via del caldo
Con Yuma che dal recinto abbaiava abbaiava
Che voleva uscire, che aveva capito che era successo qualche cosa
E io e la Sandra a correre su per la salita
E io che pensavo:
Ma se in questi minuti qua lei s'è data un altro colpo col coltello?
Sta zitta Yuma le ho urlato dalla rete metallica
Io e lei a due dita
La mia bocca e il muso di Yuma
C'era solo la rete metallica che ci divideva
Sta zitta e lei che mi leccava e piangeva che voleva vedere anche lei
Che voleva uscire perché si vede che aveva sentito qualche cosa
E io dalla rete della cuccia guardavo la Sandra che correva su per le scale
Che faceva due gradini alla volta
E le sono andato dietro

Sono entrato che mia mamma era seduta per terra con la schiena appoggiata al frigo
Con gli occhi aperti e una faccia bianca
E con una mano si teneva il collo tutto sporco di sangue
E la Sandra che parlava con quelli del 118
E mentre parla con loro
Mentre aspetta che le passino il dottore forse
Mentre aspetta qualcosa mi dice stai vicino a tua madre
E dopo sì sì è cosciente ha gli occhi aperti
Anche se la mamma aveva una faccia strana secondo me
Non guardava da nessuna parte
Cioè gli occhi li sbatteva stai vicino a tua madre però non guardava niente
Guardava verso il corridoio ma il corridoio era tutto buio
Mi sono voltato per vedere se c'era qualcosa ma c'era solo il buio
Tremava
E si teneva una mano sul collo
E io avevo paura a andarle vicino perché non volevo farle qualche danno
Farla arrabbiare, disturbarla
Volevo farla star tranquilla e allora stavo lì vicino alla porta
Mentre la Sandra sentivo che continuava a parlare coi dottori urlando sempre di più
Ho provato a parlarle ma non mi risponde
Respira sì, respira e ha gli occhi aperti
E quando alla fine ha messo giù
Le è andata vicino e le diceva di stare tranquilla
Che non era successo mica niente
Che adesso arrivava il dottore e vedeva cosa si era fatta
Che vedrai che non è mica niente di grave e che c'è Andrea qua guarda
C'è Andrea che ti aiuta a tirarti su se hai bisogno
Eh Andrea che l'aiuti la mamma a tirarsi su?
E allora mia madre si è come svegliata e mi ha guardato
Ecco sì vedi che c'è Andrea qua diceva la Sandra
E mia madre che mi guardava
Ma secondo me non capiva che ero io
Vuoi che apro un po' le finestre vuoi un po' di luce?
Chiedeva la Sandra inginocchiata di fianco a mia mamma
E a me quello sguardo lì di mia mamma mi ha fatto un po' paura
E' normale, non stava bene
Però mi ha fatto paura lo stesso
E allora ho guardato fuori dalla finestra
E ho sentito Yuma che continuava a abbaiare
E poi anche una voce di donna
Che piangeva e urlava di aprire il cancello
Era la voce della Giuliana

La Giuliana è una zia di mio padre che zoppica
Che ha avuto una malattia da bambina
Che però una volta a cena mio papà aveva bevuto
E ha detto che lui l'aveva fatto per noi di tornare quassù
In questo buco di paese dove tutti scopano tra parenti
E poi si vede che vengon fuori degli aborti come la Giuliana o come Faustino
Che è un mio cugino handicappato
Comunque a parte mio padre gli altri dicono che è zoppa per via di una malattia che ha avuto da piccola

E la Giuliana adesso era là al nostro cancello
Si vede che aveva sentito urlare e era scesa giù a vedere cos'era successo
E la Sandra mi fa non dirle niente veh
Dì che la mamma non si sente bene e che ci sono qua io, che torni a casa tranquilla Vai valà che quella là fa un casino
E allora son corso fuori
E appena son stato sul pianerottolo fuori, dove cominciano le scale
Mi son accorto di che sole c'era e che caldo faceva
E c'era Yuma che piangeva e la Giuliana anche che piangeva
Mo cos'è sucesso 'ndrea mo cos'è successo si può sapere?
Con le mani alle sbarre del cancello e Yuma in piedi sulle zampe di dietro
Appoggiata alla rete metallica del gabbiotto della cuccia
Tutte e due che mi guardavano e piangevano
E io che stavo lì sul balcone
Sul pianerottolo della scala esterna senza muovermi
Non so
Ero come bloccato
Avevo davanti agli occhi lo sguardo della mamma che mi guardava ma non mi riconosceva
E pensavo: forse non mi riconoscerà più
Può essere che le sia venuta una malattia che non riesce più a riconoscermi
Non è successo niente Giuliana
Vai pur a casa che ci son qua io con la Laura che non si sente bene
Vai pur a casa che ci siam spaventati per niente
Era la Sandra che aveva cambiato voce
E mi abbracciava e si metteva a posto i capelli
E faceva la tranquilla per far smettere tutto quel pianto di Yuma e della Giuliana
Che allora aveva quasi deciso di tornare a casa
Convinta non era convinta ma la Sandra le spiegava si inventava
E in quel mentre ho sentito la sirena dell'ambulanza che si avvicinava
E la Sandra che sottovoce diceva porcodio e tornava dentro
Mentre il cane e la zoppa ricominciavano a piangere

E allora io son sceso giù per le scale
Ho aperto il cancello in sbando per i dottori
La Giuliana s'è infilata dentro il cortile e ha incominciato a zoppicare su per le scale
Dicendo un rosario mi sembrava
E io ho aperto il cancelletto della cuccia e sono entrato dentro
Con Yuma che saltava, mi leccava, piangeva
E da lì, dalla cuccia
Abbracciato a Yuma che continuava a leccarmi
Ho visto correre su un uomo e una donna con delle valigette
Che chiedevano a Giuliana dov'era la mamma
E lei che diceva Mo non so niente, sto 'ndando a vedere 'desso anch'io
E loro che la superavano su per le scale e lei che piangeva le sue avemarie
E era ancora al primo pianerottolo che loro stavano già entrando in cucina
E a me era venuta una stanchezza una stanchezza
Di quelle molto grosse
E l'ultima cosa che mi ricordo
E' un uomo vestito come i due con la valigetta
Con una giacchetta fosforescente con una croce arancio
Che forse era quello che guidava l'ambulanza
Che da dietro la rete della cuccia di Yuma dice
Che bello quel cane che razza è?
E io che mi sento una stanchezza addosso ma una stanchezza
Gli dico e forse stavo già quasi dormendo
Ma mi sembra di no secondo me ho fatto in tempo
E gli ho risposto
Gli ho detto
Bastardo


Madre

Non era la parola che volevo interrompere
O forse sì ma non era la voce
Non era la voce che volevo far tacere
La mia voce infilandomi una diga d'acciaio
Una piccola diga d'acciaio
A tre millimetri dall'arteria carotidea come dice il dottore
Schivata per caso
Per un tremore improvviso della mano
Non era questo il punto esatto del nodo
Che sentivo più in basso, all'altezza dello stomaco
E qualche volta più in alto, negli occhi
Tra gli occhi, dietro la fronte
E poi ancora laggiù dove il cuore non batte a sinistra ma in mezzo al petto
E brucia come una ferita che spara lava in bocca
Lava amara, lava che corrode l'esofago
E mi faceva piegare sul tavolo della cucina
Appoggiata con tutto il corpo a una sedia
Ora sono un passo indietro da tutto
E vedo tutto così distante
I nodi, la lama
E una figura che si china sulla sedia di cucina
E deglutisce a fatica
In un'apnea che sembra non finire mai
E che un gran respiro interrompe alla fine
E la donna comincia a piangere, a lamentarsi
Nella penombra della cucina di agosto
E guardo quella donna e non sono io
Perché io sono quella che la sta guardando
E la vedo avvicinarsi lenta al cassetto delle posate
Aprirlo, cercare con la mano destra
Rovistare trai cucchiai e le forchette facendoli tintinnare
E tirare fuori qualcosa che da qua non distinguo
Chiudere il cassetto appoggiandovisi con tutto il corpo
Piegarsi di nuovo, ma stavolta più lentamente, sul piano di lavoro della cucina
Tra il frigorifero e i fornelli
E aspettare un tempo che mi sembra immenso in quella posizione
Appoggiata alla cucina di noce come un mollusco a uno scoglio
Muovendosi piano, impercettibilmente
Come sbattuta su quello scoglio squadrato di legno
Fatto di sportelli e di cassetti
Come sbattuta da piccole onde di un mare calmo
E poi si ferma
In una fissità perfetta, innaturale
E ora è la parete della cucina a muoversi
A tremare, piano
Come un terremoto che comincia col mare che si ritira
E tutto lo scoglio di legno si scuote
E tremano le posate nei cassetti
Le casseruole dietro gli sportelli, i bicchieri dietro la vetrata
Il contenitore dello zucchero, i piatti buoni del secondo reparto
E quelli di ogni giorno nello scolapiatti sopra il lavabo
E quel corpo immobile
Come se non sentisse nulla
Come se fosse altrove
Quel corpo piantato come un chiodo nelle profondità di quello scoglio
E alla fine vedo il momento in cui quel chiodo si stacca dallo scoglio a cassetti della cucina
Con un colpo secco
Con un salto all'indietro, un grido
Una caduta nel centro della cucina
Sul pavimento appena lavato e non ancora del tutto asciutto
E vedo la donna che trema
Sdraiata sulle piastrelle umide
E ora c'è silenzio
Le cicale
Il silenzio a scuri socchiusi del pomeriggio d'estate
Squarciato all'improvviso solo dall'abbaiare di un cane
E dalle grida di un ragazzino
Mentre sale le scale di corsa


Ragazzino

Non è che ce l'avessi con mia madre che si era sentita male
Solo in casa non volevo starci
Mi ero svegliato che Yuma ringhiava
E c'era mio papà che diceva qualcosa da fuori della rete
Andrea vieni fuori dai diceva mio papà
E io lo guardavo e non mi veniva da far niente, da dir niente
Non ce l'avevo neanche con lui non ce l'avevo con nessuno
Yuma gli ringhiava contro
E lui che dava dei pugni sulla rete e Yuma che scattava e ringhiava ancora di più
Con la saliva che le cadeva dal muso come non avevo mai visto
Finché mio papà ha capito che così non risolveva niente
E ha girato attorno al recinto della cuccia
Ma appena si è avvicinato per dirmi qualcosa
Subito Yuma è arrivata anche lì e gli ha abbaiato in faccia
E lui ha cominciato a calciare la rete e io sentivo tutti i cani che abbaiavano
Il barboncino della Giuliana
Il bassotto della famiglia di Milano
I cani da caccia della segheria
Tutti che abbaiavano mentre mio papà prendeva a calci la rete che aveva messo giù lui con le sue mani l'anno scorso
Con Yuma che ringhiava e ormai non aveva più voce
E mio papà che urlava
Vuoi vedere se non ti ammazzo cane di merda a te
Vuoi vedere se è la volta che non ti piglio a bastonate finchè crepi porca madonna
E c'era la Giuliana che diceva
Marino non dir così davanti a tutti, stai calmo per l'amor di dio
E mio zio
Il fratello di mio papà che si chiama Luciano che lo teneva fermo
Mentre mio padre diceva delle cose che gli avevo sentito dire solo una volta che aveva litigato con la mamma per via di certi fiori che erano arrivati a casa non si sa da chi
E lui aveva spaccato il vetro del forno con un calcio
E poi era andato al bar e aveva chiuso il cancello così forte che si era rotto e non si chiudeva più
E giù per la discesa fino al ponte gli ho sentito dire delle cose così come adesso qua
Mentre suo fratello lo tiene fermo e gli dice calmati Marino calmati hai capito?

E penso che anche adesso tutti in paese stanno sentendo
E penso a cosa mi dirà la professoressa di italiano quando ricominceranno le scuole
E cosa scriverò quando dovrò fare il tema su come ho passato l'estate
E chissà se questa estate passa o magari invece continua
Si allunga si allunga e non viene più freddo
E allora poi la gente si spiega perché delle cose come quelle di mia madre succedono
E se ne dimentica subito perché adesso la cosa più importante è capire come fare con questo caldo fino a natale
E' capire come mai è successo che dell'aria proprio calda
Dell'aria africana
Si è fermata qua sopra le montagne e ci dà questo caldo sempre
E adesso si capisce perché la gente era nervosa adesso si capisce tutto
E' normale e la professoressa ce lo spiegherà
E mi darà una carezza sulla testa e anzi dirà che le persone più sensibili l'avevano capito subito
L'avevano sentito subito che nell'aria c'era qualcosa che non andava

E mentre guardavo mio padre e mio zio
Sudati
Uno di fronte all'altro con le camicie zuppe
Con delle macchie più scure sotto le ascelle e in mezzo alla pancia
Mio padre e mio zio
Marino e Luciano che si parlavano a voce bassa
Cioè era mio zio Luciano che diceva certe cose a mio padre a voce bassa
E mio padre vedevo che faceva sì con la testa
E respirava col naso tirando indietro la schiena e gonfiando tutta la pancia
E Yuma adesso abbaiava una volta ogni tanto ma però forte e acuta
Come un singhiozzo
E rantolava dal caldo e lo sforzo
E andava a bere nella sua ciotola che era quasi vuota

E a un certo punto mio padre mi ha detto con una voce anche lui stanca stanca
Andrea vuoi venir fuori o stare lì dentro?

E io lo guardavo per capire se adesso stava bene dopo che si era arrabbiato
Se si era calmato per davvero
O magari invece da un momento all'altro prendeva la rete e tutto
E si tirava dietro me, la cuccia e Yuma con una madonna
Che a mio padre quando gli prendono i due minuti
Gli viene una forza che non gliela daresti a uno con un fisico così
Magro e nervoso come me ma però più basso
Con la pancia ma con due gambette magre come le mie
Che da giovane mi raccontava che sai quante volte faceva delle gare di braccio di ferro dappertutto?
Andava nelle trattorie di camionisti apposta
Loro lo guardavano
Avevano appena finito di mangiare e di bere, dal primo al caffè
Vedevano questo qua mingherlino coi bermuda
Che lui se li metteva apposta per far vedere le gambette che li fregava
E lui che scommetteva con i tre più forti
Con gli altri testimoni e tutto
E uno dopo l'altro li batteva e loro sempre più a bocca aperta
Che secondo me c'entrava anche il fatto che avevano appena mangiato e la digestione e tutto
Ma quando lo dico mio papà dice che invece questo è a maggior ragione
A maggior ragione dice
E allora io sto zitto
Comunque una volta uno non voleva pagare la scommessa perché diceva che papà aveva barato
Allora un altro ha proposto di ripeterlo
E già non era regolare dice sempre papà quando lo racconta a tavola
Ma io l'avevo battuto una volta lo battevo anche stavolta
Solo dovevo stare attento che se lui mi chiede di rifarlo c'è sotto qualcosa
E infatti appena danno il via uno, un amico di quell'altro
Da sotto il tavolo gli tocca le gambe a papà
Gli cerca di toccargli in mezzo alle gambe
E a me vien sempre da ridere quando lo racconta
E allora papà prima stende giù quell'altro col braccio
E avrebbe vinto lo stesso avrebbe vinto chiuso lì
Ma per via del solletico non capisce più niente
Prende il tavolo e lo butta in alto
Comicia a prendere a botte l'amico che era ancora sotto al tavolo e non ha fatto neanche in tempo a salire
E non capisce niente quando papà gli dà un calcio in faccia e tutti cominciano a menarsi e insomma sfasciano questo ristorante di pesce che c'è tra Falconara e Montemarciano, nelle Marche
Che c'è ancora adesso di fronte alla raffineria dice papà
E nel casino lui riesce a scappare dalla finestra del cesso mentre arriva la polizia
Ma da quella volta deve cambiare zona e stare attento per un po'
E alla fine praticamente smette con le scommesse e tutto

E mentre lo guardavo adesso di là dalla rete
Con suo fratello due metri dietro di lui che mi sorrideva
Papà sembrava calmo ma io pensavo al ristorante di pesce di Falconara
E cercavo di capire se adesso era davvero calmo o no
E lui che mi diceva eh Andrea vuoi uscire o vuoi stare lì?
E io con calma gli ho detto sto qua
Lui mi guarda
Mio zio gli mette una mano sulla spalla e gli dice
Lascialo lì per oggi valà che poi quando gli passa esce da solo
E mio papà che mi guarda
Io lo guardo
Yuma guarda un po' me e un po' lui
Mio zio anche ci guarda e sorride e dice daj su
Non so se a me o a mio papà
E mio papà che dice
Deh ragass me pr'incoo i'ò fat assèe an
Che vuol dire che basta, che non fa più niente
E infatti va via e mio zio mi fa l'occhiolino e adesso vedo le loro schiene
Le camicie azzurre che sono diventate blu scuro per via del sudore
La Giuliana che lo fa passare e gli dice qualcosa
E il sole è andato giù ma fa ancora caldo
E tutti salgono le scale esterne
E dal pianerottolo prima di entrare solo la Giuliana mi guarda
La Giuliana che è arrivata su un minuto dopo gli altri
E prima di infilare la porta del soggiorno la Giuliana mi guarda
E mi dà come una specie di benedizione
E io ho pensato che dovevo farmi un segno della croce anch'io
Ma solo dopo che era entrata
Che non le do la soddisfazione di farlo davanti a lei
E allora provavo a guardare quando entrava ma non si muoveva
Cioè era già voltata per entrare ma si muoveva così piano
Così piano che a me mi si chiudevano gli occhi
E non ho pensato più a niente e mi son buttato giù
Scivolando contro la cuccia di Yuma con la schiena
E mi sono addormentato
Senza segno della croce e senza niente
E c'era silenzio adesso mi sembrava
C'era silenzio


Madre

E' sicuro che io stia bene?
Che io non mi stia dissanguando?
Che io non evapori qui dentro
Sotto il neon di questa ambulanza che taglia le curve
Non si agiti signora stia tranquilla
Io mi sento come se scorressi via
Come se l'ambulanza lasciasse una scia d'acqua sull'asfalto
Come se la strada fosse un canale e l'auto una barca
Come se tutti scorressimo verso la città
Scivolando su quest'acqua che continua a uscire da me
E io fossi soltanto una bocca
Una bocca nella roccia da cui esce tutta quest'acqua
Perché quest'acqua non può venire da me
E perché questa è acqua
Non è sangue non è muco è solo acqua
Signora stia ferma che tra poco arriviamo dici tu forandomi l'avambraccio
Così che un poco dell'acqua che perdo torni dentro di me
Mentre l'ambulanza passa per incroci familiari
E io riconosco la strada senza guardare fuori
Senza nemmeno dover sbirciare pezzi di paesaggio
Attraverso la piccola striscia di vetro non oscurata
Riconosco le sconnessioni dell'asfalto
La successione di curve e rettilinei che portano alla città
Dove arriverò come una regina sollevata dal seguito
Legata a una lettiga con una flebo al braccio
Vedermi portata via con questa pazienza
Con questa naturalezza
La faccio ridere signora?
Non sei tu, è la scena che vedo
Io te l'autista
E' la scena che vedo che mi mette di buon umore
E' questa corsa sull'acqua cominciata dalla cucina di casa mia
Questa fonte che la punta di un piccone ha aperto
Il polso di un operaio rabdomante
Che per anni ha soltanto studiato le carte
E in un colpo solo, oggi, ha trovato la vena
Quest'acqua che ha cominciato a scorrere e che rende tutto leggero
E presente e vivo
Vivo come non ricordavo qualcosa potesse essere
Tanto che non sono sicura di quello che sta accadendo
Tutto bene signora, tutto a posto?
Non sono sicura di essere io
Non sono più sicura che questa sia davvero un'ambulanza
Che tu sia un infermiere
Che queste siano le terre dove sono venuta ad abitare
Signora non mi dica che ha sonno che non le credo sa
E forse è così che la vita si travasa
E' questo che accade in quel momento
Qualcosa come non ci siamo mai immaginati
Un passaggio istantaneo
Dopo l'ultimo respiro là
Subito il primo qui
Così che niente davvero si interrompe
Allora è così che succede, in un attimo
Ecco così mi piace signora, col sorriso
Ed è qui che sono ora
Tutta protesa in avanti come un fiume
La cui natura è scorrere e io sto scorrendo
Legata qua sto scorrendo
Ancora prossima alla fonte
Ancora forte e necessaria
Come qualcosa che è appena cominciato


Ragazzino

Mi son svegliato che era buio
E avevo la luce di una torcia elettrica in faccia
Yuma non abbaiava
Era accoccolata di fianco a me e ringhiava appena appena
La torcia puntava verso di noi
Poi quello che la teneva l'ha agganciata alla rete metallica
Così illuminava in basso, un po' me un po' lui
Io gli vedevo solo le braghe, sopra era tutto buio
La luce della cucina era accesa
E si sentivano le voci di mio papà, dello zio Luciano e della Sandra
Guardando bene oltre la luce della torcia
Dopo un po' gli occhi hanno cominciato a abituarsi al buio
E ho visto che c'era una ragazza
Seduta per terra sullo stradello di cemento che porta al pollaio
Era vestita da maschio
Con una salopette di jeans con le toppe di camoscio
Però i capelli li aveva lunghi e una bella faccia da femmina
Col rossetto anche secondo me
Mi guardava
Sorrideva e io le vedevo i denti
Sembrava tranquilla e che poteva star così tutta la notte senza dir niente
E io anche
Da gran che mi piaceva la sua faccia
E il modo che aveva di star seduta per terra con le gambe incrociate come gli indiani
Andrea dormi?
Aveva una bella voce
Io mi sono raddrizzato tenendo buona Yuma con delle carezze sul naso e le ho detto Come fai a sapere come mi chiamo?
Me l'ha detto tuo papà
Io sono Cristina e volevo parlare un po' con te se hai voglia sennò niente
Ma perché te vuoi parlare con me?
Che son troppo piccolo per te
E lei si è messa a ridere e ha detto che per esser così piccolo di casino ne avevo fatto un bel po'
Ma che però lei capiva e che se volevo stare nella cuccia per lei andava bene
Solo voleva sapere se avevo bisogno di qualcosa, tutto lì
Io però non riuscivo ancora a capire perché stava lì seduta al buio a tre metri da me
A preoccuparsi se avevo bisogno di qualcosa
E allora le ho chiesto se era un'amica del papà e lei mi ha detto che sì
Era un'amica del papà e della mamma, della famiglia insomma
E allora come mai non l'avevo mai vista
A qualche cena a qualche gita
E allora lei ha fatto un sorriso e ha detto sveglio te Andrea eh
E ha cominciato a parlare
A dire che lei era una assistentesociale
Che è un nome che io non avevo mai sentito
E lei mi ha spiegato che una assistentesociale
E' uno che se c'è un problema
Va dalla persona che ha il problema e le chiede se ha bisogno di qualcosa
E se ha bisogno di qualcosa glielo dà altrimenti va via, niente, amici come prima
E a me sembrava una cosa strana che uno venisse pagato per fare un mestiere così
Che fosse un mestiere dico mi sembrava strano
Perché tante di quelle volte avevo visto della gente andare da qualcuno dopo che era successo qualcosa a chiedergli se per caso aveva bisogno di una mano
E cercavo di ricordarmi se sapevo di sicuro che quelle persone lì
Non prendevano dei soldi per andare a chiedere se c'era bisogno
E magari invece prendevano dei soldi e io non lo sapevo
E pensavo che da grande mi sarebbe piaciuto fare un mestiere così
Che non avrei mica fatto tanta fatica
E le ho chiesto se si guadagnava molto e lei mi ha detto no, non molto
E io ci ho creduto perché infatti è strano come mestiere
E lei intanto mi parlava
Mi chiedeva che musica ascoltavo
Mi parlava dei gruppi che piacevano a lei
Ma io di musica non è che ne ascolti tanta
L'unico disco che ascolto è uno di papà che ho trovato in macchina da lui
Con una copertina bellissima che è una foto di una specie di palla di ferro con delle punte
Che non so cos'è ma mi è sempre piaciuta quella foto lì
E allora parlando con lei
Che voleva che la chiamassi Cristina
E era la prima volta che io parlavo da solo con una ragazza della sua età
Lei diceva se per caso non era un disco dei ren
Che è un gruppo americano che lei però delle volte chiamava anche ai em
Che però vuol dire io sono
E lo so perché in inglese non vado male
E lei diceva che questi ren o ai em erano uno dei suoi gruppi preferiti
E se mi ricordavo qualche canzone
E io forse me ne sarei anche ricordata una ma mi vergognavo
E non mi veniva neanche in mente di mettermi a cantare lì davanti a lei

E mentre lei parlava io pensavo al sentiero nel bosco
E al fiume dove oggi dovevo andare a fare il bagno con Matteo e Luca
Che sono i figli della Sandra
Al fiume ci andiamo tutti i giorni di pomeriggio
Catturiamo le salamandre sotto i sassi poi le liberiamo
Anche i gamberi
Bianchi quasi trasparenti bellissimi
Luca si tuffa a bomba dalla roccia col muschio
E io chiudo gli occhi dalla paura
E li riapro solo quando lo sento urlare per il freddo dell'acqua
Che papà dice che son nove gradi anche d'estate
E poi il sole verso le cinque gira
E illumina proprio a picco la nostra pozza verde
E allora si vedono anche le trote sotto
Nere e lente che cambiano traiettoria per schivare i nostri sassi
E tornando quando arriviamo al campo degli orti rallentiamo e stiamo zitti
Per spaventare i carboni
Che sono dei serpenti neri che stanno sul sentiero a prendere il sole
E appena ci sentono scattano dentro le loro tane dentro il muretto
E una volta Matteo ne ha catturato uno con un bastone apposta che si era costruito lui Che finiva in una specie di v così poteva stringere il collo al serpente e bloccarlo a terra
E il carbone si agitava e si attorcigliava al bastone
E Matteo allora aveva girato il bastone per farci vedere la faccia del serpente
E io e Luca ci eravamo chinati
E guardavamo quel muso che apriva la bocca ogni secondo come per respirare o per mordere con quegli occhi da pesce secco

E mentre pensavo a queste cose mi ero accorto che la Cristina non parlava più
Forse aveva fatto una domanda e io non l'avevo sentita
E lei allora ha detto se volevo star da solo
No
E se avevo voglia di vedere la mamma
Io subito le ho chiesto dov'era e come stava
Però immaginandomi che era morta di sicuro
O se non era morta aveva quello sguardo là
Ma la Cristina mi ha detto che no che stava bene
Che era all'ospedale e che voleva vedermi
E io volevo chiederle se lei l'aveva vista e che sguardo aveva
Perché non so se volevo vederla io così
E la Cristina adesso diceva che se avevo voglia
Poteva portarmi lei domani con la macchina
Ma io avevo paura che poi papà mi avrebbe obbligato a dormire in casa
Ma lei ha detto che giurava che potevo dormire dove volevo
Perché non conosceva papà
E allora lei all'improvviso ha staccato la torcia dalla rete e è diventato tutto buio
E ho visto la Cristina
Cioè la luce della torcia che lei teneva in mano
Salire le scale esterne veloce
Arrivare al pianerottolo
Aprire la porta della cucina da cui per un attimo era uscita nella notte la luce del neon
E appena la Cristina è entrata in casa ho sentito le voci che si zittivano
E attraverso le finestre aperte ho sentito lei che parlava
E diceva delle cose che non capivo
E mi rimanevano impresse delle parole
Lealtà percorsi cura dimostrazione carico
E mi sembrava una poesia scritta in un'altra lingua
Ma sentivo il suo modo di recitarla questa poesia
Il suo modo di parlare e mi sembrava forte
Mi sembrava che stesse vincendo
E alla fine c'è stato un silenzio lungo
E poi la porta si è riaperta e ho visto tutti che scendevano
Con la Cristina davanti che illuminava i gradini
Papà aveva acceso la luce delle scale e per un attimo si era illuminato tutto il cortile Ma la Cristina gli ha chiesto di spegnerla e tutti adesso scendevano piano
Al buio
La porta della cucina era rimasta socchiusa
E usciva una striscia di neon a forma di elle che illuminava il muro del fienile
Yuma aveva ricominciato a ringhiare
E adesso tutti erano davanti alla rete della cuccia illuminati dalla torcia
E vedevo la Sandra lo zio Luciano
Papà si schermava la faccia e diceva che non mi vedeva
E allora la Cristina ha messo la torcia appesa alla rete come prima
Papà si è accovacciato
Mi ha detto ciao Andrea e io gli ho risposto ciao
Stai bene?
Vuoi andare a trovare la mamma domani?
Io stavo zitto e allora papà ha guardato la Cristina e lei gli ha fatto sì con la testa
E lui allora mi ha detto
Io ci sono andato oggi e mi ha chiesto se la vuoi andare a trovare
Se vuoi andare ti giuro che quando torni puoi dormire qui con Yuma
Te lo giuro davanti a tutti
E aveva una voce che non gli avevo mai sentito
Come se davvero non gliene fregasse niente dove dormivo
E io mi son spaventato perché voleva dire che la mamma stava male davvero
E allora dovevo vederla
Essere forte e vederla
E ho detto a tutti va bene sì ci vado buona notte
Mi sono infilato nel mio sacco a pelo
Che non so chi me l'aveva buttato dentro
Se la Sandra, il papà, lo zio Luciano non l'ho mai chiesto
E ho sentito che tutti si salutavano in fretta e papà ha chiuso il cancello
Ha risalito le scale
Ha spento tutte le luci
Ma non è entrato in casa
E io sapevo che adesso era lì sul balcone seduto sulla sedia impagliata
Al buio
A guardare davanti a lui
Forse per vedere se nel buio
Riusciva a distinguere la macchia chiara del mio sacco a pelo
O forse a guardare il paese e la valle
Gli stop della macchina della Cristina che sparivano dietro la curva della segheria
Io stavo immobile
Con le orecchie tese per sentire qualcosa ma non ho sentito niente
Non so se quella notte ha dormito fuori anche lui
Il cielo era limpido però
Pieno di stelle
L'aria era fresca ma si stava bene
E dopo un sospiro di Yuma
Nel silenzio della notte con solo i fischi dei grilli
E il rumore del trasformatore dell'enel
Mi sono addormentato
Era la prima notte senza la mamma


Madre

Scorro più piano, vado più piano
Eppure non mi sono ancora fermata
Indifferente a questi letti d'acciaio
A questi comodini smaltati
A questo caldo assurdo dai termosifoni
All'odore dell'alcool
Il corpo ha perso gli spigoli
E percorre le ore della giornata scivolando
Anche il respiro si muove
Sembra la chioma di un faggio che fruscia
Come se gli alveoli dei bronchi fossero foglie
E la trachea un tronco capovolto
C'è aria
E la mia carne si spettina
Appoggiata su questo letto in un sorriso imbarazzato
Come si sente oggi signora?
Il sorriso scemo di chi abbia ricevuto qualcosa di troppo prezioso
E non sappia ancora che farsene
E lo continui a osservare
A percorrere con lo sguardo senza decidersi a toccarlo
Anch'io qui
Appoggiata di peso su questo letto
Alzo lo sguardo
E percorro per tutto il tempo di veglia
I contorni del mondo che comincia di fronte a me
E prima abbraccio questa camera
Con i due letti e il sole dietro i pini
Poi il corridoio sempre buio
Poi tutto questo lungo edificio basso
Che invade il parco come una partita di domino
E poi tutto il parco, i prati appena tosati
Gli alberi rari
I grandi tronchi dei tigli segati alla base
Aperti dal fulmine una notte
E abbattuti la mattina dopo
I vialetti ordinati della parte vecchia
Gli edifici del manicomio
Con la chiesetta, il teatrino, le cucine
Un villaggio come nei giochi dei bambini
Strade e viali di una geografia ideale
Fatta di angoli retti e di misure fisse
Poi allargo ancora lo sguardo
Fino ai limiti del parco segnati dallo scorrere delle rogge
Quest'acqua alpina incanalata fino al mare
Queste piccole vene fresche in cui tanti si sono gettati
Sognando il mare
Sognando la corrente sotto di sé
Sognando di dormire e ridere portati dall'acqua
E non fosse stato per le griglie di ferro su cui s'incagliano i rifiuti
Al mare ci sarebbero arrivati
E forse vivi, di nuovo
Come me
Che ora non faccio che riempire il tempo
Con questi lunghi esercizi di sguardo
In questa scuola silenziosa senza maestri
In questa quieta scuola soltanto di allievi
Da cui alzo lo sguardo anche oltre le rogge
E ora abbraccio tutto il quartiere
Con i suoi distributori le sue fabbriche
La fabbrica di cibo per cani
Che nei giorni di vento spande fin qua il suo odore di brodo
Il deposito di lamiere con le montagne di cubi pressati
I binari della ferrovia che infilzano gli isolati da ogni parte
Interrompendo strade
Facendo spuntare dal nulla incroci assurdi
Binari che si placano solo arrivando in stazione
E poi tutta la città
Questa cascata di tetti
E sotto i tetti il quotidiano lavoro degli uomini
Al caldo, al riparo dal vento
Da questo vento che ammala
O forse no
Forse gli uomini si ammalano proprio dentro quelle stanze
Dove si combattono guerre con la parte più intima di ognuno
Come arma
Guerre che non comprenderesti
Guardando dalle finestre dentro gli uffici, dentro le case
Perché quello che vedresti sarebbero corpi fermi
Bocche che parlano
Mani che giocano con matite
Denti che palleggiano pezzi di gomma al sapore di menta
Orecchie che ascoltano voci
Dentro piccoli cilindri di plastica
Eppure
Eserciti nascosti combattono
Laggiù in fondo dove l'acqua ti aspetteresti fosse ferma, quieta
Una schiera di piccoli eserciti non fa che annodare corde
Alzare mura
Tirare e parare frecce
Ma alzando ancora lo sguardo
La città si riduce a un insieme di pieni e di vuoti
Di linee e volumi disposti secondo un ordine misterioso
E appaiono i campi
E poi le strisce chiare delle strade
Su cui scorrono le formiche di latta delle automobili
E poi i primi boschi
Scuri e fitti dove la vita degli animali
Procede secondo regole che a noi sembrano meno incerte
Ma che invece mutano al ritmo dei singhiozzi del clima
Che a ogni stagione si fanno più rumorosi
Imponendo digiuni
Impedendo letarghi
Eppure anche tutto questo scompare
Alzando ancora un po' lo sguardo
Fino a che i boschi, i campi, le città
Persino le montagne con le loro cime di granito
Non sono che macchie senza più forma
E' allora che appare il mare
Enorme e uniforme
Una voragine scura che rimanda indietro i pensieri di chi guarda
Come se tutto il rumore tutto il movimento tutte le luci
Tutta la storia della terra
Scomparissero in proporzione a quanto mare appare
Eppure alzando ancora lo sguardo
Vedi che persino il mare ha fine
E cominci a vedere i contorni del pianeta
La lunga curva del mondo che gira
Questa terra cocciuta e fedele che arranca attorno al suo asse
Sospesa in un angolo del cosmo
E se ti allontani ancora
Ecco la biglia azzurra brillare nel buio della distanza
E diventare piano piano quello che per noi sono le altre stelle e i pianeti
Piccoli punti di luce in un buio eterno
Granelli che si accendono e spengono
In un gioco alternato di cui non riusciamo nemmeno a intuire le regole
Né i motivi
E quando lo sguardo si posa di nuovo su queste sedie di latta
Sull'area di sole che scalda le mattonelle del pavimento
Forse per la stanchezza di aver guardato così tanto
Gli occhi piangono
E ora l'acqua mi impedisce di guardare
E chiudo le palpebre
E le ciglia difendono il buio
Il buio perfetto del cosmo
Che ora si proietta sullo schermo concavo dell'interno dei miei occhi
E mentre le lacrime scorrono sulle tempie
Fino a dietro le orecchie come stanghette di occhiali d'acqua salata
Ora
Qui
Il mio pensiero tace
Sospeso nel buio del respiro
In questa notte ventosa che scuote la chioma di faggio dei polmoni
Col tronco quieto della trachea che porta linfa
Quest'albero che trasforma il fumo in aria chiara
Fino alla fine
Fino all'ultimo giorno qui
E al primo là
Il buio e la luce
Di una stessa giornata


Nessun commento: