PIETRA, PIANTA (2008)

Stare aperti
finché il sonno vince
poi aprire gli occhi
di nuovo
e stare aperti
per tutto il tempo
qui
tra prati e mura di chiesine
appoggiati su sassi
lasciar passare
dentro
il tempo, il venticello
la paura
essere ricoperti di formiche
e stare aperti

Siamo sospesi, appoggiati
io vedo gli altri ma io anche
per loro
devo essere uno spettacolo del genere
questo vento mi spettina
sulla barba
si posano le api, le farfalle
la bocca appena sporca di latte
che qualcuno mi porta
qualcuno
non impaurito dalla mia magrezza

E' qui che più che altrove
le voci sono buone e sono vuote
condividiamo un ritmo
io e gli altri
sempre uguale, noioso
che ci culla
che apre le porte al sonno

Oggi chissà che caldo giù in pianura
là dove corrono gli uomini
quassù oggi c'è un vento lieve
non si può dire
cos'è il rumore delle foglie degli aceri
quando il vento le muove

Prima
ed ogni tanto ancora però
io mi piegavo su di me
facevo buio e silenzio
annodandomi tanto
da sciogliermi infine
adesso che la virtù
l'ho esercitata fino a farmi male
posso starmene qui su questo prato
come un piccolo animale
innoquo

Quanto ho dovuto andare in fondo
a qualcosa di calmo, di arbitrario
salire la scala in silenzio
con un osso far leva su un altro
per piegare questo corpo come si deve
per usarlo, per calmarlo

Ritrarsi così tanto, così a lungo
fin dove poi nel silenzio
ci si espande come mai
il cuore si vede battere sotto le costole
il mento molle di uno sdentato
si cola giù, si cola via, si muore
pietra, pianta...

Questo cane che viene, biondo rosso
con il muso da lupo
si accuccia accanto a me
gli animali
non si osservano tanto
tra di loro, vivono in branco ma da soli
ognuno sa dell'altro l'essenziale
sono discreti gli animali, sono sani
affilati dalle questioni pratiche
come un sassolino dalla corrente
ma entrambi cane e sassolino
rimangono puliti, sono quello che sono
lui ora, spia cose sue oltre me
annusa odori nel vento, cose sue
cose da cane, poi si sdraia
non so se dorme, non lo sa neanche lui
tutto è la stessa cosa, non ha pause
niente interrompe niente
siamo insieme noi due
e siamo ognuno sé
e ognuno e niente
ci batte il cuore, ci prude il muso
ci piace il vento
ma così, senza ragione
siamo quasi niente io e lui, siamo niente
ecco adesso fa il morto
si prepara anche lui
a ricevere il nulla, a scomparire
smontato dagli insetti, corroso
dai temporali, terra nella terra

Il colore del cielo
di un altro tempo
e perciò di ogni tempo
e perciò anche di questo tempo
come se tutti gli anni
fossero un attimo, meno

I corpi dei morti
quando camminavano vivi
a fianco di questo muro
scaldati da questo sole
spettinati
da questo vento
le grida degli stessi bambini
gli stessi frutti colti dalle piante
la stessa calma lotta con gli inverni
lo stesso sguardo ai monti, di sera
d'estate, la schiena appoggiata a un acero

Fare l'amore a una donna come un toro a una vacca
un cavallo a una giumenta
per dare carne al mondo
ingannati da un piccolo brivido
anche questo è un assaggio di morte
ha il sapore del latte, del letame
l'odore di stalla e notte che il vento porta ovunque
poi anche questo muore prima che muoia la carne
diventa un mistero di creta, di legno
qualcosa di secco
un santino a cui volere bene quando lo guardi
la certezza che hai vissuto anche tu
anche tu
finché anche il tu scompare
nella morte di tutti i pronomi
il cane si allontana
va sottovento a un odore di pollaio
e io rimango da solo come un fossile
pronto a esser trovato dai marziani

Queste nuvole non danno acqua
è un lungo travaglio senza nascita
un turbine astratto di correnti
di tuoni lontani
e sotto gli uomini muoiono
fiaccati dai mutamenti improvvisi
duri e secchi come siamo
complicati, delicati
oggi una luce grigia, abbagliante
fa male agli occhi
che pure sono socchiusi, sotto un albero
un fuoco segreto brucia dentro
come una parola che si è inceppata
un grumo di sangue
oggi gli uomini mettono in ordine le officine
i campi sono pieni di trattori
come se una leva misteriosa li spingesse a fare
i cani annusano l'aria
morsicano le mosche
i vecchi vuotano le bottiglie di nascosto
e anch'io
sotto questa luce senza pietà
nudo e pieno di dolori, sorridente
sono visitato dai fantasmi
li faccio entrare
meglio i fantasmi che un qualche pensiero pratico
la casa è vuota e con la porta aperta
non resisto più a nulla

Stare sdraiati sulla terra
questa terra secca, crepata
che aspetta acqua da mesi
eppure stare sdraiati qua
agita le ossa, fredda il sangue
o lo riscalda troppo
come se tutto fosse ancora all'inizio
come se ogni cosa non fosse ancora al suo posto
forse sono ancora giovane a queste conquiste
e non ho conquistato ancora niente
e non c'è niente da conquistare
forse
e devo amare di più questa terra
e quest'aria
cedere ancora, non finire mai
di cedere
di cadere, di morire
morire sempre
forse è una morte ancora
troppo intermittente
forse anch'io
aspetto la libertà da una vacanza
da qualcos'altro che potrebbe accadere
non sono ancora del tutto appoggiato
sulla terra
del tutto appoggiato
su questa terra

Mi preparo all'autunno, sono pronto
troverò gli angoli inaspettati, starò al sole
scoverò un trono tra le rocce
su cui lasciare questo mucchio d'ossa
per tutti i giorni d'inverno
sognerò di succhiare
una goccia di pappa reale ogni mattina
da alveari immaginari
tutto sarà lento, quasi
fermo, quasi
morto
io sarò pietra, pianta
abbraccerò i minuti
che passeranno senza farmi male
i dolori saranno grida naturali
che nessuno ascolterà più
mi fascerò di lana, farò un bozzolo
sarò un ferito in trincea

Questo corpo che mi porta in giro
si piega già nei suoi soliti punti
cambia appoggi da solo, ogni tanto
non sa farsi del male, è abile sai
questo mio corpo che mi porta in giro

Se penso a quando marciava come un soldato
a quando si dava ordini come un generale
se penso

Mi ricordo certe parole
le parole picchiettavano su queste rocce
picchiettavano sulla nuca
scattavano come le lettere di una olivetti
Tutto era palatale a un certo punto
come se gli ospiti che arrivavano
parlassero ormai soltanto col palato
Mi picchiavano in testa le parole
per giorni e giorni dopo la partenza
dei pellegrini
gli amici, i fratelli
salivano quassù carichi di parole
si fermavano poco
fino a vuotare tutto il sacco delle...
Io mi lasciavo picchiare, ascoltavo
le ossa rimbombavano, il mastoideo batteva
era tutto un concerto di giunture
mi saliva la febbre
per giorni e giorni tremavo
il silenzio era popolato di parole
una grandine di palatali rimbombava
nel silenzio di questo prato, di questo muro

Ormai da molto hanno smesso di salire fin qua
eppure passano le loro domeniche non lontano
sento gli scricchiolii delle armature
i freni in curva, le risate
il ferro delle forchette contro i denti
ma poi non salgono più fino a qua

Se questo corpo respirerà ancora
vedrà un figlio, un nipote
appassionato di genealogie
salire timido fin qua un mattino
con una bella fidanzata acerba
anche lei sedotta dall'esotico, curiosa
con una macchina, qualcosa
l'idea di fare un film, lo vedo già
lo sguardo sereno dell'erede
il suo sorriso aperto di vincitore
la forza bruta della sua buona fede

Amen amen amen anche a questo
Amen a tutto
Amen

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